
Era una calda domenica di luglio di cinque anni fa.
Con i miei amici stavamo arrostendoci al sole nel verde prato della spiaggia antistante il lago
quando uno di loro, noto per l’arguzia e la capacità immensa di rompere le balle (Nicola, ti voglio bene lo sai!!!!!) mi fece notare un raccapricciante aspetto del mio corpo: tenevo le dita del
piede destro contratte, come se camminassi in punta di piedi.
Non molto sexy, a dire il vero…
Vado dalla mia dottoressa e lei prontamente mi informa che, ovviamente, io ho seri problemi
psicologici, sono stressata ed a un passo dall’esaurimento nervoso e questa non ne è che è la logica conseguenza, il ribaltamento sul mio fisico del mio traballante stato emotivo, bla bla
bla.
Certamente.
Dopo aver frenato la lingua con uno sforzo titanico per evitare di sfancularla, me ne esco ed archivio l’argomento piede come un banale aneddoto da raccontare.
Anche se ogni estate torna alla ribalta tra i miei amici che, detto tra parentesi, debbono essere feticisti folli per aver voglia di osservare i miei piedi in questo modo
ossessivo.
Hanno pure scoperto che ho il piede greco, mica cazzi.
Che ti guardi, i miei piedi?
Anche perché non è che siano la parte migliore di me.
Tra l’altro.
Passano gli anni.
Cambiano le mode.
Si alternano le stagioni.
Il piede inizia farmi male.
Non un dolore insopportabile, un fastidio fino fino, specie di notte.
Ecco non esattamente un dolore, ma un fastidio, una specie di tensione.
Allora, mi sono detta, perché non approfittare della competenza e della prontezza del sistema sanitario italiano?
Faccio la richiesta e dopo innumerevoli traversie mi danno l’appuntamento.
Tra tre mesi. Vabbè, io non ho urgenza, quindi non mi pesa aspettare.
Arriva la fatidica data.
Prendo un permesso dal lavoro e vado.
Pago il ticket.
Il simpatico addetto alle informazioni di settantanni, somigliante in maniera inquietante al
vecchietto che negli spaghetti western passa le sue giornate sulla sedia a dondolo in veranda col cappello sugli occhi e una pipa in bocca, conosce la perfetta dislocazione dello studio del podologo come io conosco a menadito la fisica quantistica.
Dopo girovagare a vuoto e mero peregrinare per i meandri della ASL, mi dicono che ho sbagliato palazzina.
Devo riprendere la macchina, nel traffico, recarmi in un’altra struttura e lì il mio destino si compirà.
Raggiungo finalmente il luogo predestinato.
Almeno non c’è fila: entro subito.
Il dottore mi guarda, e subito sentenzia: “Lei, signorina cara, è tutta storta”
Ma grazie, che bel complimento! Chissà quante donne avrà conquistato così!!!!!!!
Mi fa togliere le scarpe, passeggiare su di un tappetino ipertecnologico e per magia sullo schermo del suo PC compaiono i miei piedi.
Dottore: “Dunque, signorina… Come le dicevo lei ha un po’ di problemi”
Phoebe: “Ehm… mi dica…”
Dottore: “Ha il bacino ruotato, più alto a sinistra”
Phoebe: “Ah.”
Dottore: “E una spalla più alta ed una più bassa. Nello specifico, la destra è più alta”
Phoebe: “Ah.”
Dottore: “Insomma, compensa”
Phoebe: “Ah.”
Dottore: “Ma poi ha una gamba più lunga dell’altra”
Phoebe: “Ah.”
Dottore: “…”
Phoebe: “…”
Dottore: “…”
Phoebe: “E quindi?”
Dottore: “Ma lei ha dolori?”
Phoebe: “No, vabbè, dolori no…”
Dottore: “Ok, allora niente. Faccia stretching!”
Andiamo parecchio bene... io non mi tocca manco le punte dei piedi con le gambe tese, sono figlia degenere di mia madre yoga...
Pensavo di aver scampato alla grande ogni pericolo, quando dal nulla emerge una dottoressa giovane
e grassa che mi fa: “Ora guardiamo i piedi”.
Ah.
Bene.
Feticista?
Ok, ok. Mi tolgo scarpe e calze.
La tipa, dall’aria poco raccomandabile, passa la successiva mezz’ora a sprimacciarmi le mie povere estremità come fossero palline di pongo. completamente incurante delle mie proteste, passa con
occhio vigile la ronda sui miei piedi.
Diagnosi: alluce valgo.
Non mi devo preoccupare, mi ha detto, perché è molto comune e se non sento dolore non è un problema grave: un plantare e passa la paura.
Peccato che oggi mi faccia male.
La mia ipocondria si sta forse scatenando?
In effetti, sono piuttosto ossessionata da tutta questa faccenda.
O sarò forse tocca come sosteneva la mia dottoressa?
Che ero un po' storta, in fondo, si sapeva...
La cosa più assurda è che quetso mio essere paragonabile ad un'opera di Picasso pare sia dovuto al fatto che ho portato la macchinetta ai denti.
Modificando l'assetto della bocca, si è modificato a lungo andare anche quello del corpo. proprio come se la bocca fosse la mappa per il resto di Phoebe.
Lo sapevo che alla fine la colpa era del dentista...