11 febbraio 2011
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23:40

Io, che aborro villaggi turistici e trenini a-e-i-o-u-ipsilonnne mi sono fatta convincere dall’idea
del mare, del caldo e soprattutto dal mio fidanzato.
Nonostante la scelta discutibile del villaggio, la vacanza è andata bene. Il posto è certamente
meraviglioso, il mare incredibile e abbronzarsi e godersi l’estate ad aprile è favoloso. Gli egiziani poi, come tutti gli arabi, ci assomigliano molto più di quanto noi stessi vogliamo ammettere.
Solari, disponibili alla chiacchiera e pronti a rifilarti una sola, come il più classico degli italiani. E così io e l’Amoremio non abbiamo perso l’occasione di capire un paese diverso dal
nostro. In cui tutti (almeno nelle zone turistiche) parlano inglese e molti l’italiano. Perché l’italiano, mi ha detto un venditore di spezie, si impara con Vasco Rossi. Andiamo
bene.
Una sera pigra, col vento caldo e le ciabatte ai piedi, siamo andati col taxi in una specie di Abu Dhabi
egizia, Port Ghalib. Una delusione, non ci andate. O meglio, andateci se il vostro sogno è andare ad Abu Dhabi. Ma il viaggetto di venti
minuti sulla strada del ritorno ci ha permesso di chiacchierare un po’ con l’autista, sempre disposto a distogliere l’attenzione dalla monotona strada sempre rettilinea che taglia in due il
deserto e chiacchierare un po’. Inizia lui, masticando inglese ed italiano insieme.
“Ah, italiani italiani. Berlusconi?”
L’Amoremio ride, io insomma. “Nonono!”
“Ahahahahahahhah!” sghignazza “Berlusconi come Mubarak, ve lo terrete 30 anni!!”
“Senti, ho visto un sacco di foto di Mubarak appesa in giro. Sarà amato, no?”
“Sì, come voi piace Berlusconi!”
“Ma noi non ce lo terremo 30 anni!”
“Tu dice, i don’t know. Quando uno così governa, resta finché muore!!”
Si inserisce l’Amoremio: “Ma come vi governa? Bene, almeno?”
Lui sospira: “Ahiahiahi, bene sì. Come re! Se tu amico o parente, sei fortunato! Se tu povero tassista di
Marsa Alam devi pagare tutti amici suoi per… come si dice… licenza, patente, e tutto!”
“Come in Italia!”
“Già! Italiani e egiziani, due popoli ma stessa una disgrazia!”
E guardando la foto di Mubarak, scuro e con il lucido da scarpe come tintura per capelli, come potevo dargli torto?
Dopo un anno, tutto è cambiato.
E non solo perché, se fosse oggi, quel tassista mi potrebbe fare mille e una battuta su nipoti e parentele
del sor Mubarak e su mignottame vario, argomento che scatena forte ilarità nei paesi arabi.
E’ tutto diverso.
Il popolo egiziano, affamato e disperato, ma anche stufo di corruzione e dittatura, emerge e invade le
piazze. Un fiume di giovani reclama democrazia, giustizia, crescita e sviluppo.
Invoca riforme, chiede uno stato moderno, rischia la propria vita per un'idea.
Vuole che Mubarak molli la roccaforte che si è costruito, che se ne vada.
Ma lui non s’arrende.
Vi ricorda qualcuno?
Ma alla fine, come nelle migliori favole, il popolo ha vinto e Mubarak si è dimesso scappando nel suo
buen retiro di Sharm, un villone che al confronto Arcore è casa mia.
No, di sicuro questa non è una favola, ma il futuro dell’Egitto sarà tutto da scrivere.
Vi pare poco?